giovedì 31 agosto 2017

I peggiori film del mese (Agosto 2017)

Quest'ultimo mese, per fortuna meno caldo, soprattutto metereologicamente parlando, di quello precedente, è stato comunque un mese movimentato e importante, almeno per me, non solo per aver partecipato e scritto recensioni con il gruppo di blogger (per la Notte Horror e due commemorazioni che ci saranno a settembre), che ultimamente ha ripreso finalmente vita, ma perché nella settimana di vacanza dal blog, che a proposito non mi aspettavo cominciasse con il piede sbagliato, giacché per 3 giorni ho fatto a meno della Linea Internet (Fibra per l'esattezza), e che finisse ancora peggio con altri 5 giorni di supplizio, ho avuto modo di pensare a come migliorare il mio cinema. Nei giorni di pausa forzata, seppur rigeneranti e gradevoli infatti, ho capito di non aver spazio e tempo di vedere quello che vorrei davvero vedere. Perché anche se ultimamente sto facendo una "selezione" ai film, devo essere ancor più selettivo su cosa vedere e cosa no, dato che anche in questo mese ho visto film (abbastanza deludenti) che forse non avrei dovuto vedere, non davvero ispiratrici e/o interessanti, per cui d'ora in poi vedrò e recensirò film personalmente più nelle mie corde o che m'ispirino davvero. Attenzione però, perché la lista da cui dipendere è ugualmente lunga, perciò non mancherà certamente questa rubrica, contenente sempre i film che ho scartato ed evitato (da questo mese poi la lista non conterrà, a parte rare eccezioni, i film fatti esclusivamente per la televisione, che a prescindere da tutto evito sempre di vedere). Ma prima di ciò ecco i peggiori (soprattutto per il mio personale giudizio) film visti del mese.

La legge della notte (Drammatico, Usa 2016): Gangster movie ambizioso e che parla dell'ascesa al potere di un uomo dall'animo ambivalente, da una parte è un ribelle assetato di soldi e dall'altra una persona che sa amare e che sogna una vita tranquilla. La confezione è perfetta, fotografia, scenografie e costumi stupefacenti, le scene delle sparatorie discrete e le atmosfere noir anni 20 sono altamente affascinanti. Purtroppo a mancare è il pathos, non si entra in empatia con i personaggi, manco col protagonista mono-espressivo Ben Affleck (non particolarmente adatto per questo film, al contrario di The Accountant, bravo solo ad amoreggiare con Sienna Miller e Zoe Saldana), e il plot sembra sfilacciato in molti punti, dove la sceneggiatura (che procede accumulando tanti elementi, ma non avendo tempo per approfondirli in maniera esauriente nonostante la troppa durata) è allungata senza motivo. La trama a volte sembra girare a vuoto, non succede nulla per minuti e minuti, e questo è il più grande difetto del film. Il potenziale c'era, come il discreto (però sprecato) cast comprendente Elle Fanning, Chris Cooper, Brendan Gleeson ed anche il "nostro" Remo Girone, ma non è stato sfruttato a dovere. Voto: 5,5 [Qui più dettagli]

Un disastro di ragazza (Commedia, Usa 2015): Di certo mi aspettavo di vedere la classica commedia romantica esuberante, quella di una ragazza che preferisce relazioni veloci a noiosi impegni romantici salvo poi ricredersi, ma di un livello più alto, e invece no, perché in stile quasi similmente volgare (vedere per credere, anzi, meglio stare lontani) il film sembra girare intorno all'imbarazzante Nonno scatenato ma in versione al femminile. Una versione interessante (soprattutto nell'inedito incipit iniziale) e godibile però fino ad un certo punto, perché purtroppo la suddetta pellicola per colpa, di stereotipi tipici di queste commedie, della banale e superficiale trama, dell'eccessiva durata visto il tema, di gag strampalate che mai funzionano, di camei allucinanti quali John Cena e LeBron James e di una protagonista, Amy Schumer (l'ennesima macchietta comica) non proprio "attraente" (al contrario della bella sorella Brie Larson), è davvero brutta, noiosa ed inutile. Inoltre non fa ridere praticamente mai, coinvolge molto poco, è povera di contenuti e non brilla nemmeno tecnicamente. Insomma una mezza schifezza dove nemmeno una perfida e inedita Tilda Swinton si salva. Voto: 4,5 [Qui più dettagli]

mercoledì 30 agosto 2017

Kong: Skull Island (2017)

Era da tanto che non subivo una scossa di adrenalina nel vedere un film, quest'anno mi è capitato due volte, per quel capolavoro di Mad Max: Fury Road e quell'altrettanto straordinario Deadpool, ma soprattutto l'anno scorso ne ebbi una forte con Godzilla, di cui Kong: Skull Island, film del 2017 diretto da Jordan Vogt-Roberts, reboot del franchise di King Kong, è una specie di sequel. Entrambi infatti fanno parte del MonsterVerse, universo filmico realizzato dalla Legendary Pictures, che ha già previsto altri due capitoli negli anni a venire. Ed erano invece anni che non si vedeva sul grande schermo e non solo (giacché l'ho visto su Infinity première del 25-31 Agosto) un film d'avventura così efficace e coinvolgente, fedele ai canoni del genere che qui vengono presentati ed esaltati con grande maestria. Un genere che andrebbe affidato alle persone giuste e che, se mal gestito, non porterà di certo novità. Dopotutto di film con mostri che uccidono persone e mostri che si uccidono tra di loro è pieno il mondo. Kong: Skull Island ha però qualcosa di diverso, un tocco in più, una cura nei dettagli e nelle inquadrature che lo rende molto più piacevole e affascinante da guardare. Grazie anche al regista, un director (il quasi esordiente Jordan Vogt-Roberts, autore dell'inedito in Italia The Kings of Summer) che fa il suo lavoro senza particolari trovate, ma comunque in grado di gestire un Monster Movie con lo scopo di incantare lo spettatore e che, prendendo le distanze dai precedenti episodi dedicati all'enorme gorilla e soprattutto pensando all'ultimo episodio diretto da Peter Jackson si allontana dalla classica formula del remake, per tentare di proporci qualcosa di nuovo senza tuttavia snaturare la figura del mostro incompreso.

martedì 29 agosto 2017

Inferno (2016)

Terzo capitolo per le avventure cinematografiche del professore Robert Langdon interpretato da Tom Hanks, tratto dai libri della famosissima saga letteraria di Dan Brown. Questa volta (lasciatosi alle spalle svelamenti di segreti vari attorno a Cristianesimo e Chiesa Cattolica) la sfida del professore parte da una Firenze molto cupa dove si trova ricoverato in un ospedale, senza memoria curato dalla misteriosa dottoressa Sienna Brooks (Felicity Jones) mentre cerca disperatamente di comprendere i numerosi flashback che affollano la sua mente, tutti legati all'Inferno dantesco. Ma insieme si ritroveranno però a prevenire le azioni di un folle che ha intenzione di scatenare una piaga strettamente connessa appunto con l'Inferno di Dante Alighieri. Il che da un tocco di originalità e professionalità alla pellicola, peccato che Inferno, film thriller del 2016, diretto da Ron Howard, terzo adattamento cinematografico di un romanzo di Dan Brown, dopo Il Codice Da Vinci (2006) e Angeli e Demoni (2009), nonostante la regia sempre molto professionale del grande regista americano riesca a trovare più di una soluzione visiva originale, tocchi invece il suo punto più basso della trilogia. Due ore di azione confusa, dialoghi involontariamente grotteschi, Firenze, Venezia e Istanbul riprese in un modo che più da cartolina non si potrebbe e un product placement insopportabilmente sfacciato. Giacché rispetto a Il codice da Vinci la storia raccontata non sfonda perché Dante e la sua Divina Commedia sono ridotti ai minimi termini, e il film ne risente parecchio.

lunedì 28 agosto 2017

42: La vera storia di una leggenda americana (2013)

Quarantadue, un numero come tanti altri, ma questo film porta a conoscenza, per i meno avvezzi al baseball, del suo emblematico valore e significato che assunse nello sport e soprattutto nella società americana negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. 42: La vera storia di una leggenda americana (42), film del 2013 scritto e diretto da Brian Helgeland infatti, narra la storia veramente accaduta nel campionato di baseball statunitense negli anni quaranta, quando Jackie Robinson (interpretato da Chadwick Boseman), con l'aiuto del coraggioso presidente-manager Branch Rickey (interpretato da Harrison Ford), fu il primo giocatore afroamericano a giocare (nei Brooklyn Dodgers) nella Major League Baseball. Il suo ingaggio difatti fu la rottura di un tabù, lui che, con la sua classe e la perseveranza ruppe altresì le leggi non scritte del baseball professionistico e dette un segnale per l'integrazione razziale. Poiché la storia del primo giocatore nero ad entrare nella Major League di baseball, fu, ed è ancora adesso, una storia dalla forte carica simbolica ed emblematica. E nelle didascalie finali si capisce il perché e l'importanza di tale avvenimento, soprattutto quando ogni anno il 4 aprile tutti i giocatori giocano con la maglia numero 42, unico numero ritirato da tutte le squadre della MLB. Ma non fu affatto facile guadagnarsi questa gloria eterna, e debuttare ufficialmente con la maglia dei Brooklyn Dodgers nel 1947, dato che a quei tempi la discriminazione razziale in America, era al suo apice, anche nello sport e soprattutto nel baseball.

sabato 26 agosto 2017

Now You See Me 2 (2016)

Now You See Me 2, film del 2016 diretto da Jon M. Chu, si presenta sin da subito molto diverso dal primo film, di cui questo è appunto il sequel, però nel senso negativo del termine. Infatti mentre il primo era bellissimo e coinvolgeva in continuazione lo spettatore, in quanto appena si svolgeva un trucco vi era una rapida spiegazione seguita a ruota da un'altra magia, questo secondo proprio non lo è. La trama difatti risulta forzata e abbastanza prevedibile fin dall'inizio e laddove nel primo capitolo comunque alla fine tutto risultava almeno credibile, qui appare quasi tutto palesemente non fattibile e impossibile. E quindi come quasi tutti i sequel, non si dimostra all'altezza del precedente. Giacché il primo Now you see me aveva un grande potenziale, non si era mai vista infatti una squadra di maghi tanto abile e tanto coinvolgente (tanto che fu come sottolineato anche spesso nella mia recensione di più di un anno fa, qui, uno dei miei preferiti del genere), ma adesso questo grande potenziale si perde totalmente. Partendo dalla trama, essa non ha coerenza, cose fin troppo approssimate e irreali (specialmente nelle scene finali) anche per un film del genere in cui è l'immaginazione del regista l'unico limite. Ed è appunto il regista che non sa gestire la cinepresa, tranne per qualcosina, anche se in questo caso le riprese non riescono a catturare l'attenzione e la voglia di continuare si affievolisce.

venerdì 11 agosto 2017

La mia top 10 dei tormentoni estivi degli anni '80

Come avevo promesso un anno fa, e come dissi all'epoca in cui feci La mia top 10 dei tormentoni estivi dagli anni '90 in poi, e prima di congedarmi dal blog, che andrà (lui e solo lui ahimè) per una settimana in vacanza, ecco la seconda parte della mia classifica, quella dedicata agli anni '80, che nonostante li ho vissuti per pochi anni, sono rimasti impressi nella memoria. D'altronde in quei tempi il fenomeno tormentone era probabilmente all'apice, dato che moltissimi di essi (sia italiani che stranieri), che non necessariamente erano canzoni fatte o prodotte per quello scopo, sono entrate indelebilmente nell'immaginario collettivo. Perciò non facile è stato, ma dopo un'attenta analisi e un bellissimo ripasso ecco finalmente La mia top 10 dei tormentoni estivi degli anni '80, in una classifica speciale assolutamente da non perdere, per ascoltare e ri-ascoltare la stagione, musicalmente parlando, più straordinaria di sempre.

10. Apriamo questa carrellata sui tormentoni estivi dei gloriosi anni '80 con un classicone italiano, Maracaibo: toni allegri e ritmo che spinge a ballare 
anche chi non dovrebbe mai farlo sono i punti di forza di questa canzone.

9. I capelli della bella Ivana fecero impazzire una nazione e il suo inglese
 la fece balzare in testa alle classifiche di mezzo mondo. Incredibilmente il mio primo concerto a cui ho assistito fu proprio un suo concerto.

giovedì 10 agosto 2017

Everest (2015)

Nel 1996 diverse compagnie con le loro spedizioni sfidano i limiti della natura per tentare di far scalare le cime dell'Everest agli scalatori di tutto il mondo. Ben venti spedizioni cercano di arrivare in cima all'Everest nello stesso giorno, il 10 maggio 1996. Ma disorganizzazione, scarsa preparazione fisica e psicologica dei partecipanti, condizioni meteo avverse trasformano ciò che doveva essere l'evento della vita in un dramma da pagare a caro prezzo. Mettendo forse troppo alla prova il proprio coraggio e la propria resistenza, gli scalatori si troveranno infatti ad affrontare ostacoli naturali quasi impossibili da superare e a iniziare così una dura lotta (mozzafiato in tutti i sensi) per la sopravvivenza. Peccato che, se da una parte la ricostruzione di questa tragica salita è ben fatta come il film stesso, dall'altro è sostanzialmente senz'anima. Everest difatti, film del 2015 diretto, co-prodotto e montato da Baltasar Kormákur, con una lunga prima parte dedicata al viaggio preparatorio e all'acclimatazione all'alta quota, e una seconda parte con la tragedia vera e propria, certamente non manca di credibilità e di attenzione nella ricostruzione dei fatti accaduti (naturalmente, secondo la versione scelta dagli autori del film, quella del fotografo Jon Krakauer, uno dei sopravvissuti), ma non centra il bersaglio della grande avventura epica che ti resta dentro. Nonostante scenari incredibili e maestosi, situazioni drammatiche e disperate portate su schermo in modo anche abbastanza convincente, il film è privo di una trama vera e propria che non rende giustizia a questi terribili eventi accaduti realmente, poiché se si va a stringere il film, esso rimane molto anonimo e senza alcuna scena veramente degna di nota.

martedì 8 agosto 2017

Notte Horror 2017: Stigmate (1999)

Essendo l'horror uno dei miei generi preferiti, non potevo anche quest'anno non esimermi dal non partecipare alla rassegna estiva più spaventosa dell'anno. Infatti eccomi partecipare per la seconda volta e consecutivamente all'edizione 2017 della Notte Horror, arrivata alla sua quarta edizione. E quindi come per l'anno scorso (qui), ho scelto di recensire un film di fine anni '90, non solo perché era tranquillamente alla mia portata tramite Sky, ma perché non sapendo se l'avevo visto o meno, m'intrigava lo stesso, d'altronde Stigmate (Stigmata), film del 1999 diretto da Rupert Wainwright, con protagonisti Patricia Arquette e Gabriel Byrne, è considerato da molti un film di culto. Perciò con la curiosità di capire il perché di questa affermazione, in un bollente pomeriggio estivo come questi giorni, l'ho recuperato. Ebbene, dopo averlo visto e notato altresì alcuni notevoli difetti, l'affermazione di cui sopra, è da rivelarsi corretta, perché anche se non sarà un capolavoro, ma certamente un cult per appassionati (e, probabilmente, uno dei migliori film horror degli anni novanta), questo film, che è stato il capostipite di un genere nuovo (seppur ormai desueto ultimamente dello "scontro" con la Chiesa), è un film molto interessante, intrigante e sicuramente appassionante, ma anche un film (seppur ben realizzato) non facilissimo da apprezzare. Dopotutto il fatto che possa venire male interpretato è a mio parere la causa di numerose critiche negative.

Penny Dreadful (1a, 2a & 3a stagione)

Avevo in mente di fare una recensione singola per ogni stagione, ma purtroppo per la grande delusione che essa mi ha trasmesso, dato che a metà della seconda stagione ho rischiato persino di lasciarla incompiuta, ho preferito una unica recensione. Giacché è inutile nasconderlo, ho visto Penny Dreadful, serie televisiva statunitense e britannica di genere horror creata ed interamente scritta da John Logan per la Showtime, solo per Lei, Eva Green, e chi sennò, ma è solo lei, a conti personalmente fatti, a salvarsi dalla bocciatura. Dopo un inizio abbastanza soddisfacente infatti la serie, per colpa di una narrazione lenta, noiosa e a volte ambigua ed estraniante, un'ambientazione discreta ma poco affascinante e intrigante, di alcuni (inconcludenti) buchi di sceneggiatura, di personaggi al contempo affascinanti ma inutili ed inefficaci per larga parte, si sfracella e resta indigesta, tanto che soprattutto la stagione finale (e la seconda parte della seconda, che paradossalmente è quella dei momenti più "terrorizzanti" e minimamente convincenti) l'ho vista a velocità raddoppiata, una cosa che fino ad ora non mi era mai successa. E non riesco a spiegarmi il perché, dopotutto le atmosfere horror, cupe e sanguinolenti, sono due cose che mi piacciono vedere e/o gustare, ma il tempo perso dietro a certe storie, certe insoddisfacenti sotto-trame, è stato davvero troppo da sopportare. A parte la trama principale e con essa l'attrice principale, niente di quello che ho visto oltre a quella, mi ha entusiasmato, appassionato o intrattenuto. Troppi discorsi, poca azione e troppe bizzarrie inutili, soprattutto se non adeguatamente supportate. D'altronde è anche il titolo bizzarro scelto per questa, comunque moderatamente invitante serie tv, che prende il nome dai Penny Dreadful, omonime pubblicazioni del XIX secolo, che intrecciavano, in una collana di libri, le origini di personaggi della letteratura horror come Victor FrankensteinDorian Gray e il Conte Dracula, alle prese con la loro alienazione mostruosa nella Londra vittoriana, a non convincere.

lunedì 7 agosto 2017

Bianconeri Juventus Story: Il film (2016)

Dopo aver sbollito un po' la rabbia e la delusione ho finalmente visto, a 2 due mesi da quella disgraziata e sfortunata finale e dopo la mandata in onda sulla Rai, il docu-film sulla Juventus, la squadra di calcio più amata (e odiata) d'Italia. Infatti, a pochi giorni dalla nuova stagione calcistica, che ovviamente spero sia migliore di quanto già straordinaria (nonostante tutto) sia stata la scorsa, ho recuperato Bianconeri Juventus Story: Il film (Black and White Stripes: The Juventus Story), documentario del 2016 diretto dai cineasti italo-canadesi Marco e Mauro La Villa, di cui già avevo accennato in occasione della sua uscita, qui. Un documentario che ovviamente da tifoso è stato bellissimo da vedere e scoprire, ma anche oggettivamente il suddetto non è male, anzi, soprattutto stilisticamente difatti è molto meglio di tanti altri, anche se i pregi e i difetti ci sono ugualmente. Infatti in questa recensione, che per evidenti motivi sarà un pochino diversa dal solito, mi limiterò ad esporre le cose che mi sono piaciute e quelle meno, il tutto, anche grazie a questo documentario meno fazioso di quello che si pensa, senza far polemica o accendere discussioni inutili (nei confronti di tutti ovviamente). Innanzitutto il comparto tecnico, che comprende Giancarlo Giannini (narratore) ed Ennio Morricone (collaboratore speciale), è di alto livello come ci si aspettava, ma anche le musiche sono eccezionali ed azzeccate, come la fotografia e lo stile unico, abbastanza nuovo ed innovativo, che convince al di là di tutto.

venerdì 4 agosto 2017

LEGO Batman: Il film (2017)

Gli amatissimi mattoncini danesi LEGO, complice uno dei supereroi più amati di sempre (anche personalmente nonostante sia l'amico Kryptoniano il mio preferito), travolgono e conquistano un'altra volta. Perché LEGO Batman: Il film (The Lego Batman Movie), film d'animazione del 2017 diretto da Chris McKay, non solo centra l'obbiettivo di aggiungere qualcosa in un campo difficile come quello dei cinecomic, soprattutto se parliamo di una leggenda come Batman e soprattutto nel caso in cui fare di più dopo Tim Burton e Christopher Nolan (molto meno Zack Snyder) era praticamente impossibile, ma fa addirittura un miracolo, superando lo status di pellicola per piccoli e diventando un cult immediato, una geniale girandola pop in cui vengono e si mescolano gli Wham e Lanterna VerdeMan in the Mirror di Michael Jackson e Superman, e poi, in mezzo a un secolo di fumetti DC, ecco riferimenti a non finire, bat-tute formidabili e un Bruce Wayne (doppiato magnificamente da Claudio Santamaria, nell'originale è Will Arnett) che finisce per diventare il perno di un cinecomic molto meglio dei veri cinecomic perché, oltre ad un'anima ben precisa, ha una sceneggiatura che gira come un orologio svizzero, con una sequenza di gag e situazioni da far impallidire i veri colossi DC (ma anche Marvel). Solitario, oscuro, maledetto, qui Batman gioca con il suo mito, ironizza sullo status di cavaliere oscuro, ritorna alla bat-caverna dopo aver salvato il mondo per ritrovarsi solo a fissare le foto dei genitori.

giovedì 3 agosto 2017

Topolino, il mio passatempo estivo

Ne avevo già parlato un anno fa del mio rapporto con il mondo dei fumetti (qui), ma mai in quest'occasione come l'estate (e soprattutto le vacanze) in pieno divenire, è d'obbligo fare un piccolo elogio ad un fumetto, Topolino ovviamente, che soprattutto in questo periodo diveniva il mio passatempo preferito, non solo come metodo per passare il tempo (in casa, in spiaggia e in qualsiasi altro luogo) ma anche come mezzo di comunicazione al mondo della mia fantasia. Perché il mondo Disney e quello del fumetto più famoso in Italia, è sempre stato un mondo affascinante in cui viaggiare ed esplorare insieme a tutti gli strampalati ed egocentrici amici del Topo più conosciuto al mondo, gli angoli più fantasiosi e fantastici della mente. Poiché era un bellissimo tuffo nella fantasia, è tuttora invece uno straordinario tuffo nella nostalgia, oltre ovviamente a quello della fantasia e del divertimento. Certo, Topolino non è mica l'unico fumetto con cui "dialogare" con questi mondi quasi paralleli, ma come ripetuto nello scorso post relativo ai fumetti, soprattutto quand'ero piccolo, il Topolino era l'unico fumetto davvero alla portata, in tutti i sensi, sia economico, sociale ed intellettuale. D'altronde se volevi un fumetto o qualcosa da leggere, soprattutto nella fase infantile (anche se come sappiamo può esser letto da tutti, grandi e piccini), difficilmente un tuo genitore poteva dirti di no se volevi un Topolino. E quindi da quando lessi il mio primo me ne innamorai subito, tanto che soprattutto in Estate o periodicamente collezionavo anche i gadget (mazzi di carte personalizzate, topocar, la 313 di Paperino, l'akuascooter di Paperinik e tantissimi altri), che questo leggendario fumetto dava insieme al mio settimanale preferito. Settimanale che, ho regolarmente comprato per un periodo, ultimamente non tanto, perché tra giochi e blog ho davvero poco tempo. Anche se proprio in quest'ultimo anno ho ricominciato a leggerlo, ed ora che nella settimana di ferragosto il blog si prenderà una pausa, sicuramente lo leggerò con ancor più frequenza.

mercoledì 2 agosto 2017

Genius: Einstein (miniserie)

Prodotta da Brian Grazer col contributo di Ron Howard (ancora una volta insieme dopo The Beatles: Eight Days a Week - The Touring Years), a sua volta ideatore del prodotto (è anche tra i produttori esecutivi) e regista parziale della serie, Genius, è la serie antologica di Discovery Channel dedicata alle grandi menti che hanno cambiato per sempre la storia. La prima stagione infatti, composta da 10 episodi, racconta di un personaggio che con il proprio genio ha influenzato la storia, in questo caso appunto Albert Einstein, il famoso fisico tedesco e una delle menti più geniali di tutti i tempi. Andata in onda su National Geographic Channel dall'11 Maggio in Italia e in contemporanea in 171 paesi del mondo, Genius: Einstein, basata e raccontata seguendo la narrazione del libro del 2007 di Walter IsaacsonEinstein: His Life and Universe, descrive difatti la vita di Albert Einstein (interpretato anche dal premio Oscar Geoffrey Rush) dall'ottenimento dell'insegnamento e del dottorato fino alla scoperta e alla pubblicazione della teoria della relatività. 10 episodi per esplorare il turbolento viaggio del fisico che sarebbe diventato un'icona, Einstein appunto, fieramente indipendente, innaturalmente brillante, eternamente curioso, che ha cambiato il nostro modo di vedere l'universo. Ma lui non era soltanto un uomo "difficile" da comprendere nella sua genialità, lo era anche nella sua umanità, il biopic infatti, dai suoi primi fallimenti nel mondo degli accademici, alla sua ricerca emozionante di amore e di connessione umana, dipinge un ritratto del vero Albert Einstein in tutta la sua complessità. Complesso com'è anche questo documentario, un incredibile documentario, un trattato sulle origini, sulle difficoltà e sulle vittorie di Einstein, alle prese con un sistema che non premia la stravaganza.

martedì 1 agosto 2017

Bernie (2011)

Bernie, film del 2011 scritto e diretto da Richard Linklater, è decisamente un film da prendere con le molle. La pellicola del bravo regista americano infatti (visto recentemente all'opera nella bella commedia Tutti vogliono qualcosa e prima ancora in quelle del bellissimo Boyhood) tende a sfuggire ad una definizione di genere. Si può definire una black comedy sofisticata, con molti elementi di mockumentary, che potrebbero far pensare che gli eventi siano del tutto fittizi o almeno parzialmente inventati, invece no, è tutto questo e di più, poiché anche se si stenta a credere che sia la trama tratta da una storia vera, la base è in verità e incredibilmente una storia ai limiti dell'assurdo ma vera, assolutamente vera e largamente documentata. Tanto che, proprio per il modo in cui il regista veicola la storia, dato che per questo film ha scelto un particolare modo di raccontare la vicenda, ovvero tramite le testimonianze di attori e cittadini veri e propri che parlano della vicenda come se fosse un documentario, sembra questo un documentario in piena regola. Ma attenzione, non il classico documentario nel classico stile documentaristico, perché questo film (arrivato soltanto recentemente da noi) è sì semplice, ma straordinariamente d'effetto. Giacché anche se apparentemente semplice e lineare nella narrazione (coerente e ordinata, senza colpi di scena o inutili analessi), all'interno si celano delle importanti chiavi di lettura nell'aspetto socioculturale, poiché fa emergere una questione morale di notevole importanza.