lunedì 31 ottobre 2016

Le altre serie tv (Settembre-Ottobre 2016)

Negli ultimi due mesi, dopo un'estate cinematograficamente e televisivamente parlando intensa, sono riuscito a vedere ben 4 serie, che chi più chi meno hanno un po' deluso le mie aspettative, tranne una, partendo da Aquarius che dopo aver visto e recensito la prima, comunque discreta, stagione, non ha invece fatto quello che gli veniva chiesto, ovvero chiudere il discorso e non lasciare niente al caso, perché non è che avesse avuto tanto successo. Invece come volevasi dimostrare non solo questa seconda stagione è a tratti confusa ma addirittura si chiude come se ancora ci fosse qualcosa da dire, non che non ci fosse, anzi, ma tutto è rimasto e rimarrà a metà, poiché la serie è stata cancellata. Una stagione che comunque e nonostante fosse iniziata un po' in sordina, visto qualche inciampo nella prima stagione, si è rivelata essere invece molto interessante sotto tanti punti di vista, anche se i pregi (la regia, le grandi atmosfere, i costumi, auto, modi e vizi dell'epoca, le grandi musiche e il cast di tutto rispetto) e i difetti (la forzatura di certe situazioni e tanti altri problemini narrativi) sono rimasti gli stessi. Aquarius però, creata da John McNamara, andata in onda su Sky Atlantic fino al 26 settembre, composta come la prima di 13 episodi da quaranta minuti circa, funziona grazie a David Duchovny (l'ex Mulder di X Files), che interpreta magistralmente i panni del detective Sam Hodiak, un ruolo che sembra calzare a pennello con le capacità dell'attore dinanzi la telecamera. Hodiak è un personaggio che assomiglia, e non casualmente, al più celebre agente dell'FBI a caccia di alieni: geniale, altruista, intuitivo, impulsivo, carismatico e anche spiritoso. David è talmente bravo che eclissa perfino colui che dovrebbe essere il protagonista assoluto della serie, ovvero Charles Manson (Gethin Anthony). In questa seconda stagione i rapporti non idilliaci tra Sam e Charlie si raffreddano un po', ma è nell'ultimo episodio, che doveva preannunciare un'altra stagione (che non ci sarà), che i nodi vengono al pettine, perché quello che Hodiak temeva succede. Il delirio di Manson ha ormai abbracciato la strada dell'omicidio e la scia di cadaveri che lui e i suoi accoliti si lasciano dietro comincia a farsi lunga e densa. Per tutta la serie, la fatidica notte di sangue del 9 agosto 1969, ci viene riassunta a singhiozzi all'inizio e alla fine di ogni episodio. Cosa che mi ha un po' infastidito, ma finalmente all'epilogo, ci è possibile rivivere la vicenda per intero. Una vicenda ovviamente assurda perché non ci sono motivi validi per fare ciò che ha fatto.

sabato 29 ottobre 2016

Movies for Halloween: Tales of Halloween (2015)

Come avevo anticipato ieri, per questa speciale occasione, ovvero Halloween, ho visto due film simili, cioè due film a episodi inerenti la festività, ma se in Holidays la notte delle streghe era uno dei tanti, in questo caso anche se il titolo è già abbastanza esplicito, Tales of Halloween, la festa pagana per eccellenza è il motore su cui si basano tutti i 10 episodi della pellicola. Avevo anche detto che i film a episodi, tradizione cinematografica soprattutto americana, a volte regala delle perle, ebbene più del precedente questo film è un autentico gioiellino, un piccolo capolavoro del genere horror. Questo perché il film, del 2015, non solo è più gratificante e divertente di Holidays, ma è diretto da 11 registi maestri del nuovo cinema horror, costitutori della cosiddetta "October Society", nominati così per questa occasione. L'occasione non solo di farsi vedere ma di omaggiare la festa di Halloween e il genere horror, poiché Tales of Halloween, ultima antologia horror, è proprio la raccolta dei migliori racconti della festa più trasgressiva dell'anno, ma non solo, perché il film, è infatti un omaggio a tutto il cinema horror degli anni '80-'90, è difatti impossibile non notare gli innumerevoli riferimenti ad altre opere di quel periodo e in particolare ai vecchi film ad episodi come 'Creepshow' (1982) di George Romero e 'Ai confini della realtà' (1983) anch'esso diretto da diversi registi. Antologia che ci fa anche imbattere in due camei d'eccezione: Joe Dante (regista de L'ululato, Gremlins) e John Landis (regista de Ai confini della realtà e Un lupo mannaro americano a Londra). Questa nuova antologia di 10 corti dell'orrore comunque è del tutto diversa, è soprattutto più sanguinolenta, addirittura più cattiva e disturbante ma infine molto più spassosa e nera, dal registro più spiccatamente comico-satirico, con alcuni tocchi ironici ben gestiti. Ma la particolarità più interessante è che Tales of Halloween, racconta le storie in modo interconnesso, poiché tutte le storie sono ambientate in una piccola cittadina di provincia durante la notte di Halloween, e sono incentrate sui gustosi contrappassi che tormentano grandi e piccini alle prese con gli spettri ed i demoni che sembrano affollare, tra un dolcetto ed uno scherzetto, la notte americana più lunga dell'anno. E' partendo da questo presupposto che questi 11 registi (Katie Silverman, Neil Marshall, Darren Lynn Bousman, Axelle Carolyn, Lucky McKee, Andrew Kasch, Paul Solet, John Skipp, Adam Gierasch and Jace Anderson, Mike Mendez, Ryan Schifrin e Dave Parker) raccontano a loro modo la più iconica delle feste americane nei sobborghi di una dormiente periferia terrorizzata da ghoul, alieni e assassini.

venerdì 28 ottobre 2016

Movies for Halloween: Holidays (2016)

Quest'anno spinto dagli amici blogger che durante, ma soprattutto prima di Halloween, recensiscono film horror a tema per passare la notte delle streghe in compagnia o da soli perché no, ho deciso anch'io di farlo, poiché l'anno scorso scrissi solo del mio Halloween, di come sono sempre stato 'fedele' alle tradizioni, ma non parlai di alcuni film. Film che soprattutto in questo periodo 'festivo' escono ma soprattutto vengono visti di più, d'altronde gli horror se non li vedi ad Halloween, quando? Vabbé che c'è sempre tempo, in ogni caso io seguendo alcune indicazioni di una certa 'esperta' ho deciso di vedere due film a episodi, l'altro ci sarà domani, ovviamente a tema Halloween o semplicemente 'festivo'. I film a episodi ad esser sincero ne ho visti pochi ma questi due che ho visto e recensirò, proprio perché horror mi sono moderatamente piaciuti. In America però non è una novità, anzi, è quasi una tradizione i film a episodi, e incredibilmente ho scoperto che qualche perla ogni tanto la regala. Infatti questi tipi di film sono per me una scoperta gradita. A partire da Holidays, bizzarro e sovversivo concept-horror del 2016 sulla tematica delle feste (religiose e commerciali) che s'incontrano durante l'anno e che fanno da scenario agli otto episodi che compongono il film. 8 storie originali horror/commedia che hanno come filo conduttore le festività e hanno come obiettivo probabilmente di rovinarcele. 8 storie in cui emergono gli aspetti più contorti e sovversivi che ogni festa comandata porta con sé, si parla infatti di Natale, Pasqua, Capodanno, Halloween, San Valentino, Festa della mamma, Festa del papà e San Patrizio. Presentato al Tribeca Film Festival, Holidays però è un film sul quale è complicato sbilanciarsi in un giudizio globale (cioè senza analizzarne ogni singola parte) poiché le storie narrate sono tante e così anche i sottogeneri dell'horror che le caratterizzano. Il film si avvale di "picchi", che sono piuttosto alti e anche se sono presenti "anelli deboli" e parti meno riuscite, a mio parere, merita una valutazione più che sufficiente. I mini episodi (tutti della durata di 15-20 minuti) sono intervallati dall'immagine di un biglietto d'auguri per la relativa festa (a uso titoli di coda). L'inconveniente per lo spettatore in questo tipo di struttura è il dover continuamente "ridisegnare" la propria empatia per allacciarsi alle vicende narrate, ma nonostante ciò riesce a tenere alta la tensione, riuscendo a tenere alto il livello di tutti i segmenti, fra storie soprannaturali e serial killer. Poiché le 8 vicende sono scritte e dirette da altrettanti registi specializzati nel genere, dove il più famoso è sicuramente Kevin Smith (Clerks), ma anche Gary Shore di Dracula Untold, anche se riescono tutti ad emergere e a farsi apprezzare parecchio, perciò anche se si sa già cosa aspettarsi e che non si guarderà un capolavoro, si sa già che, per gli appassionati come me, si passerà un'ora e mezza fra alti e bassi, senza alcun tipo di impegno mentale. E Holidays fa tutto questo e lo fa egregiamente.

mercoledì 26 ottobre 2016

Canzoni di 'tendenza' (Luglio-Ottobre 2016)

Musicalmente parlando questi ultimi mesi, con l'arrivo del freddo che ormai fa parte del nostro quotidiano (anche i gatti ne soffrono probabilmente), si sono soprattutto distinti tanti tormentoni, da quelli già preannunciati anche da me al classico Tag 'Canzoni di tendenza' di Giugno, di cui molti in effetti sono passati incessantemente dalle radio a tanti altri ma nessuno davvero meritevole del titolo di canzone dell'estate, togliendo quella trash e davvero pessima di Andiamo a Comandare. Inoltre grandi novità non ce ne sono state, certo alcune hanno già preso il posto nelle orecchie di tanti ascoltatori, ma nessuno davvero eccezionale, in ogni caso molte di queste, continuando a leggere le scoprirete, ovviamente a mio personale piacere. Perciò senza ulteriori indugi ecco le canzoni di tendenza da luglio a ottobre, dato che ad agosto il classico post è saltato per problemi logistici, ovvero che il mondo musicale ha rallentato e ha solamente cercato di fare cassa con i tanti tormentoni, ma fortunatamente non tutti ed ecco quindi le ultime novità e le canzoni più di tendenza di questo periodo, a cominciare dal ritorno di Sting, che dopo aver visto per ben due volte come 'attore' in Zoolander 2, torna finalmente al suo habitat naturale, la musica, e il suo ultimo successo è davvero una bellissima canzone come lui è abituato a regalarci, cioè I Can't Stop Thinking About You.

Altro graditissimo ritorno è stato quello di Bruno Mars, che con il suo inconfondibile sound vintage anni '80 regala sempre belle vibrazioni a ritmo incalzante, con il suo classico stile alla Jackson con i balletti ed espressioni, un artista davvero eccezionale, ecco il video del suo ultimissimo successo, 24K Magic

martedì 25 ottobre 2016

Piccoli brividi (2015)

Finalmente, grazie a Sky Cinema e al suo speciale di Halloween, sono riuscito a vedere Piccoli brividi (Goosebumps), lo aspettavo da molto tempo anche perché come speravo e come è successo il film, che sulla carta avrebbe dovuto trattarsi di un ordinario "filmetto" per adolescenti, certo, il film in questione rientra in questa categoria, offre molto molto di più. E infatti, anche se è inutile ormai dire che i libri non li ho letti e che praticamente non conosco quasi niente di loro a parte qualcosina, Piccoli Brividi, film del 2015 diretto da Rob Letterman, che avvalendosi di un cast ben amalgamato, con protagonista un perfetto Jack Black (che dopo tanti anni di assenza ritorna in grande forma con la sua grande recitazione e comicità espressiva che sempre lo ha contraddistinto nel mondo dello spettacolo), si dimostra ottimo adattamento (anche se non diretto, dopo saprete il perché) di una delle serie di libri per ragazzi più vendute al mondo. Perché prima di tutto abbiamo a che fare con un gioiello di spettacolo pop e un raro esempio di intrattenimento che è in grado di soddisfare spettatori di ogni età. Pellicola inoltre dotata di una chiave intelligentemente vintage che può catturare l'attenzione anche del cinefilo esigente. Insomma un film che conquista. Il tutto come detto prende le mosse da un brillante successo editoriale, quello (conclamato) della serie omonima ("Piccoli Brividi") dello  geniale R.L. Stineche vanta milioni di affezionati giovani lettori in tutto il mondo. Ma il punto forte della pellicola, il grimaldello dell'operazione cinematografica è però la geniale idea dello sceneggiatore Darren Lemke di rendere protagonista lo stesso Stine dell'avventura qui narrata, il quale in prima persona vi appare come il mattatore alle prese coi personaggi mostruosi da lui stesso creati e che ora lo inseguono con cattive intenzioni, guidati dal pupazzo malefico Slappy. La pellicola perciò non è l'adattamento cinematografico diretto di uno dei libri dei Piccoli brividi, la serie di romanzi brevi scritta da Stine (che tra l'altro compare nel film in un piccolo cameo), ma racconta di un universo in cui protagonista è lo stesso Stine che racchiude negli stessi Piccoli brividi i mostri creati. Comunque la Mondadori ha pubblicato all'inizio dell'anno, il romanzo tratto dal film, col titolo Piccoli brividi: La storia. Una storia per ragazzini direte voi, certo, sì, ma se avete già visto o vedrete il film capirete presto che il fascino che lo spettacolo emana va ben oltre la bambinata. Diciamo che il regista (un cineasta di lungo corso come Rob Letterman) ha saputo davvero ricorrere ad estro e genio, disseminando ovunque tracce di un'intelligenza che unisce sapori differenti e crea un corto circuito efficacissimo tra gusto pop e gusto vintage generando uno spettacolo di grande presa emotiva. Situazioni esilaranti, certo indirizzate ad un pubblico adolescente ma di indubbia efficacia per chiunque (io per esempio mi sono divertito da matti).

lunedì 24 ottobre 2016

Hitman: Agent 47 & Barely Lethal (2015)

Anche se è passata quasi una settimana da quando li ho visti, oggi vi parlerò di due film action, due pellicole completamente diverse, ambedue mediocri, ma decisamente movimentate anche se nel primo muoiono praticamente tutti, nel secondo, cosa che sembra incredibile, non muore nessuno. Ma partiamo dal primo, che è il reboot (quasi sequel) di un film che nel 2007 non ebbe tanta fortuna (inspiegabile l'idea di trasportarlo nuovamente dopo il primo sconfortante esito), che a sua volta era tratto, come in questo caso, da un famoso videogioco, di cui ne ho sempre sentito parlare, che conosco, ma non c'ho mai giocato, ossia Hitman (l'assassino più freddo e insensibile della realtà virtuale). Hitman: Agent 47 infatti, film del 2015 diretto da Aleksander Bach, è tratto dalla serie di videogiochi Hitman, già portato sul grande schermo nel 2007 col film Hitman: L'assassino. Come è facile intuire perciò gli ingredienti di Hitman: agent 47, sono: pistole, coltelli, smoking e cravatta rossa. Una ricetta appetitosa, per gli amanti degli action movies e del video game cui è tratto il film, meno per i cultori di un cinema più ricercato. La trama ovviamente è quella dell'universo del gioco, in cui agenti creati in laboratorio e clonati per non avere sentimenti, lavorano come sicari e ricevono missioni che devono portare a termine, solo che nella vita dell'Agente 47 entra una variabile inattesa (di nuovo): una donna. Stavolta però con più importanza del mero oggetto sessuale di riferimento. Questa volta infatti, a differenza del primo film in cui era inseguito dall'esercito russo per tutta l'Europa orientale, è lui (Rupert Friend) a dover inseguire e in seguito a proteggere una ragazza, Kate van Dees (Hannah Ware), figlia del genetista, Peter Litvenko (Ciárn Hinds), creatore, anni addietro, di un programma che realizzava agenti come Hitman, 'umani senza umanità', ovvero, simil androidi impossibilitati a provare emozioni e sentimenti, ma semplici soldati mercenari, dotati di un codice a barra inciso sulla nuca e qualità fisiche oltre la norma, usati solo per eseguire gli obiettivi che venivano loro assegnati. A ricercare la ragazza ad ogni costo, come mezzo per giungere al padre però, ci sono anche John Smith (Zachary Quinto) e gli altri scagnozzi di Antoine LeClerq (Thomas Kretschmann) un altro diabolico personaggio rinchiuso nel suo bunker di sicurezza, che vuol far ripartire il vile programma genetico del dott. Litvenko per creare nuovi androidi umani per loschi piani di distruzione. Ovviamente la caccia tra Berlino e Singapore sarà spietata, animata da una certa suspense ed in questo turbinio di colpi ad effetto, salti mortali e proiettili vaganti si giungerà sino alla fine del film con un finale a sorpresa (ma non così sorprendente).

sabato 22 ottobre 2016

Boyhood (2014)

Dopo aver visto tramite Premium Play film potenti come Interstellar, La teoria del tutto e Unbroken, ora è il turno di un film unico nel suo genere (dopo saprete il perché), un drammatico racconto di formazione, anche se non eccezionalmente appassionante e coinvolgente come mi aspettavo, ma bello e intenso, ovvero (come se già dal titolo non fosse ovvio) Boyhood, film indipendente del 2014 scritto e diretto da Richard Linklater. Questo film, come già detto, ha una particolarità interessante, è infatti un esperimento cinematografico unico, un esperimento più che lodevole, è la prima volta nel cinema che si utilizza il tempo, non quello cinematografico ma quello reale, per costruire un film. Poiché se ancora non lo sapeste, per raccontare la crescita di Mason (interpretato da Ellar Coltrane) e il rapporto con i genitori divorziati (interpretati da Ethan Hawke e Patricia Arquette), il regista ha impiegato 12 anni, la lavorazione del film è infatti cominciata nel 2002 e conclusa nel 2013, questo perché il cast e la storia per essere più vera possibile è cresciuta e invecchiata assieme. Ogni anno, per dodici anni, Linklater, senza far ricorso a trucchi, ha radunato la stessa troupe e lo stesso cast per girare alcune scene, al fine di seguire la crescita dei personaggi a pari passo con quella reale degli attori. Il film però non è affatto un documentario, semplicemente segue le vicende di una famiglia americana come ce ne sono sicuramente a migliaia. Davvero incredibile. Ma Boyhood, in ogni caso, è molto più di un period movie sugli ultimi 12 anni degli Stati Uniti ed è molto più di un romanzo di formazione. È addirittura molto più di un particolare esperimento cinematografico, è un grandissimo affresco sull'essere ragazzi americani oggi, partendo dalle radici, dalla formazione individuale, un racconto fondato quasi tutto sul concetto di famiglia, non tanto come nucleo ma come elemento centrale nella "boyhood", l'età tra gli 8 e i 20 anni. C'è un paese intero e il suo spirito per come è vivo oggi nella storia per nulla clamorosa di Mason. Una storia normalissima e semplice, come tante. Qui infatti non ci sono colpi di scena, niente eccede, tutto è assolutamente ordinario. Come la vita del giovane Mason, ragazzo sensibile e con una spiccata propensione all'arte, che vive con la madre e la sorella e vede occasionalmente il padre (che rimane comunque vicino ai ragazzi) che si è separato dalla famiglia. Il film quindi segue la sua storia dai primi anni di scuola fino alla fine del college, raccontando il rapporto con i genitori divorziati, i traslochi, le nuove scuole, i matrimoni falliti della madre (che ha la tendenza a trovare nuovi mariti non eccezionali), il rapporto conflittuale con la sorella Samantha, la nuova relazione del padre, seguendo anche l'evoluzione degli oggetti d'uso quotidiano, tecnologici e non, e i cambiamenti culturali, sociali e politici degli anni.

venerdì 21 ottobre 2016

Wayward Pines (2a stagione)

La prima stagione di Wayward Pines (che potete leggere qui), thriller sci-fi della Fox co-prodotto da M. Night Shyamalan (che rimane ottimo regista) e ispirato alla trilogia di romanzi scritti da Blake Crouch, si era conclusa con tanti dubbi, tanti misteri e tanto era perciò rimasto in sospeso, ora con la seconda stagione firmata da Mark Friedman, finalmente tanti dei misteri rimasti assopiti sono finalmente usciti allo scoperto (non tutti però), ma come nella prima anche in questo caso, non solo non convince appieno ma addirittura finisce nuovamente in modo approssimativo, una conclusione in parte lacunosa per il titubante andamento di questo secondo capitolo che lascia il dubbio che tutte le vicende conclusasi solo pochi giorni fa non sia un finale di stagione o finale di serie. Già una volta Wayward Pines era stata 'cancellata': inizialmente concepita come una miniserie, ha ottenuto una seconda stagione a furor di popolo. Attualmente infatti non è stata ufficializzata la chiusura definitiva, ma nemmeno il ritorno con una terza stagione. Ma ragionando come se un seguito fosse possibile, vediamo, anche grazie al finale aperto, cosa ci ha lasciati e cosa potremmo trovare. Anche se molto ha deluso, soprattutto per il cast, poiché la bellezza e la forza della prima stagione di Wayward Pines, era funzione degli attori. La compagine degli interpreti, secondo me infatti, faceva la serie. Cominciando dal fantastico e sorprendente Matt Dillon, attore che ha raggiunto una stupenda maturità sia esteticamente sia come allure, che qui aveva una congruenza assoluta con il personaggio del racconto. E poi Shannyn Sossamon (la Pandora di Sleepy Hollow e la madre dei fratelli killer in Sinister 2), nel ruolo di sua moglie, quindi Carla Gugino, Toby Jones, Melissa Leo, Hope Davis, Charlie Tahan, Sarah Jeffery. Con un cast del genere, ben miscelato e amalgamato, si poteva perciò andare ovunque e raccontare qualsiasi cosa. Nella seconda non è che questo non succeda, o che i protagonisti non hanno funzionato è che le vicende non hanno più l'aura e misteriosa della prima, dove assistevamo a dei veri e propri sussulti, in questa seconda tutto viene svelato e niente riesce a spaventare, al massimo svegliare dalla noia che nelle 10 puntate pervade, nonostante il tutto fili liscio senza grandi intoppi, senza grandi colpi di scena (a parte uno davvero sconvolgente) e senza battaglie o scontri accesi, neanche contro gli Abbie, esseri ben conosciuti a Wayward Pines, che in questa stagione in procinto di attaccare non fanno niente anche se le scelte fatte, alcune insensate, hanno evitato che accadesse, almeno così si vede.

giovedì 20 ottobre 2016

Zoolander 2 (2016)

Se dar vita ad un cult è un'impresa titanica, riuscire a ripetersi in un sequel è qualcosa di miracoloso che infatti puntualmente anche in questo caso non si verifica, anzi, la base ideologica che fungeva da pilastro di Zoolander (che per completezza ho rivisto) in questo capitolo II si sgretola, se nel primo film la demenza era giustificata da un'iconologia della moda, nel secondo l'aspetto 'stupido' prende il sopravvento e soffoca gli aspetti pregevoli della pellicola. Il problema principale di Zoolander 2 (film del 2016 scritto, diretto ed interpretato nuovamente da Ben Stiller) infatti scaturisce dalla sceneggiatura che rielabora goffamente il soggetto, senza riuscire a rielaborare il tutto, perché se la trama cerca diversi appigli, in concreto non trova continuità, ferma in una carrellata infinita di personaggi e semplici guest star con il grosso problema che la risata non diventa mai contagiosa. Il regista difatti mette in scena personaggi e luoghi comuni ma che non hanno l'effetto propriamente desiderato, e che rendono banale e grotteschi i novanta minuti, eccezione fatta per alcuni momenti divertenti che intercorrono, però, con cadenza esasperante. Sicuramente rispetto al primo Zoolander, questo è più commerciale e standard, o, se si vuole, meno serioso, con battute molto più terra-terra e gratuite, molto più dirette e meno costruite e mirate a far riflettere sulla futilità ed estreme vuotezza del patinato mondo della moda. Il numero due appare decisamente la versione annacquata (a parte alcune eccezioni) del primo. Quindi è lecito domandarsi se fosse davvero necessario farlo o no...la risposta probabilmente è no. Detto questo però, non è un film proprio brutto, ma assurdamente bello. Poiché in fin dei conti le trovate molto azzeccate ci sono, ma le vedremo dopo, per adesso concentriamoci sulla trama, che sembra non soffrire il tempo (come gli attori), dato che ricomincia da dove si era concluso il primo esattamente 15 anni prima, quando due giorni dopo l'inaugurazione il Centro Derek Zoolander crolla miseramente, da allora Derek e Hansel vivono oppressi dalla vergogna e isolati, quando entrambi ricevono un invito speciale per partecipare a un grande evento internazionale a Roma. Al loro arrivo però, si rendono conto di come il mondo della moda sia drasticamente cambiato ma, nonostante ciò, vengono reclutati per tentare di fermare un complotto mortale che rischia di distruggere per sempre quell'universo da loro tanto amato. La riuscita della missione potrebbe infatti rilanciare finalmente la loro carriera e permettere a Derek di riavere il figlio. Peccato che liberi involontariamente Mugatu dal carcere, sempre più travestito e sempre più folle, e tutto sarà più complicato, ma riusciranno a cavarsela ancora una volta.

mercoledì 19 ottobre 2016

Il fidanzato di mia sorella & Professore per amore (2014)

Oggi vi parlerò di due commedie romantiche viste recentemente, entrambe americane ma decisamente sottotono nonostante l'indubbia qualità soprattutto visiva. Comunque non malissimo ma neanche benissimo, due film che hanno in comune molte cose, un professore adulto, un college, una studentessa, l'amore e la prevedibilità. Niente di eccezionale ma piacevole da vedere, a cominciare da un film con Pierce Brosnan e poi con Hugh GrantDiretto da Tom Vaughan regista televisivo inglese, con pochi film all'attivo per il grande schermo a partire dal 2012, e scritto da Matthew Newman, alla sua prima sceneggiatura, Il fidanzato di mia sorella (titolo non peggiore dell'originale How to Make Love Like an Englishman) 2014, è una commedia romantica che apre molte problematiche sulla vita di un maturo professore universitario di letteratura inglese, dedito alla conquista delle sue studentesse, superficiale, irresponsabile, non cresciuto, sulla scia del padre Gordon, anch'egli professore, che si è curato poco di lui, rappresentando semmai uno sciagurato modello di vita. Richard Haig, l'ormai ultracinquatenne professore ha il fascino, l'elegante ironia e la duratura avvenenza di Pierce Brosnan (decisamente più a suo agio in questi film come in Non buttiamoci giù che in film d'azione brutti come The November Man e Survivor), che fa perdonare molte lacune della storia e della definizione dei personaggi, lui compreso, spesso spaesato e sballottato dagli eventi. Così la sera in cui Kate, la sua ultima  conquista (Jessica Alba) dovrebbe presentargli il padre, tanto ricco quanto fantasma, conosce poco prima la sorellastra della giovane studentessa, Olivia (una altrettanto bella Salma Hayek che compete in ironia con Brosnan) nota editor di scrittori di romanzi, legata infelicemente ad uno di essi, e capace di tenere testa al professore, etichettandolo come dongiovanni, narcisista e privo di autocritica, e sprofondando in una sincera preoccupazione per la sorellina, che al suo arrivo annuncia di essere incinta. Incurante della sua carriera Richard si farà trasportare in California, a Malibu, in una dimora spettacolare, dono dell'invisibile suocero. Trova un posto in un'Università minore e, con la paternità, comincia ad avvertire il primo vero sentimento profondo d'amore per il suo bambino e quindi i primi sensi di responsabilità. Tutto si complica quando Kate, divenuta gelida donna d'affari, si innamora di un giovane collega (Ben McKenzie) e vuole divorziare, mentre il nostro professore non può nemmeno concepire di allontanarsi dal figlioletto. Da qui si assiste a spesso improbabili snodi narrativi, problemi per l'immigrazione, in caso di divorzio, trattati con leggerezza a favore di un intreccio dove la comparsa di Olivia e di Gordon (il padre di Richard, uno straripante Malcom McDowell) avranno decisa influenza.

lunedì 17 ottobre 2016

Sicario (2015)

Proprio ieri ho visto in 'anteprima' grazie ad Extra di Sky e delle sue primissime, andrà infatti in onda stasera in prima visione su SkyCinema, un film di cui avevo molto sentito parlare in positivo e dopo averlo visto capisco perché è considerato uno dei migliori action degli ultimi anni, personalmente il migliore visto quest'anno, perché Sicario (selezionato per partecipare in concorso al Festival di Cannes 2015), film del 2015 diretto da Denis Villeneuve (Enemy, Prisoners e regista del prossimo Blade Runner 2049) è talmente potente, crudo e spietato da essere straordinario. Questo non solo per la parte action, comunque non eccessiva ma ugualmente spettacolare, quanto per le riflessioni morali ed etiche che questa pellicola esplora, espande ed elabora. Il film infatti come tema ha il bene e il male, non sempre paragonabili e non sempre in contrasto, a volte è la stessa cosa, perché certe volte anche dal male può uscire il bene, come in direzione contraria. Se ne accorge di ciò, Kate Macer (Emily Blunt, la protagonista a cui attorno si svolge tutta la vicenda, devota alla sua bandiera che esegue gli ordini con ingenua efficienza e che ha eletto il protocollo a suo intimo credo), giovane agente dell'FBI, che prende parte ad una delicata operazione per porre fine al narcotraffico al confine tra Stati Uniti e Messico, dopo la sconcertante scoperta (una delle scene più sconvolgenti di sempre), all'interno di una casa vittima di un'imboscata della stessa agenzia, che rivela molto più di quanto era previsto, lo spettacolo orripilante di decine di cadaveri nascosti nei muri e con la testa sigillata in sacchetti di plastica, va a caccia dei mandanti di quel massacro. Arruolata dalla CIA (anche se lei è un'esperta di rapimenti mentre la squadra combatte da tempo contro il cartello messicano della droga), viene trasferita in una speciale task force diretta dal misterioso Matt Graver (Josh Brolin, che dire di lui, basta la sua presenza davanti ad una cinepresa perché il suo personaggio funzioni, come è anche successo in Sin City: Una donna per cui uccidere, senza contare che riesce a dare perfino sfumature naif in un film come questo) e dall'ancora più misterioso Alejandro (Benicio Del Toro, misterioso procuratore di origine colombiana i cui occhi semichiusi e nevrotici nascondono un passato di sofferenza, quest'ultima vedremo lo porterà a svolgere con ossessiva solerzia i suoi 'compiti'). Da quel momento in poi le certezze di Kate su chi è "buono" e chi è "cattivo" si sgretoleranno. È l'inizio di una discesa agli inferi che coinvolgerà tutti i servizi segreti statunitensi (e la coscienza di un Paese) disposti a trasgredire ogni regola e a sacrificare ogni parvenza di umanità pur di mantenere il controllo (ma senza alcuna volontà di debellare il Male). Poiché tale operazione metterà a repentaglio le sue convinzioni più profonde e i suoi (ma anche nostri) valori morali.

sabato 15 ottobre 2016

Il ponte delle spie (2015)

Il ponte delle spie (Bridge of Spies) è un bellissimo, potente e drammatico film del 2015, diretto da Steven Spielberg con protagonista Tom Hanks, che a mio parere meritava maggiore considerazione agli ultimi Premi Oscar, non solo lui ma soprattutto il film, che candidato a sei premi, ne ha vinto uno solamente per il miglior attore non protagonista, assegnata a Mark Rylance. Secondo me infatti questo è probabilmente il miglior film visto quest'anno, almeno personalmente. Perché il regista (che torna alla regia dopo le sue produzioni come produttore esecutivo, in The Whispers e Jurassic World) conferma ancora una volta le sue indiscusse qualità, d'altronde è uno dei miei registi preferiti, nel proporre una storia semplice in modo davvero accattivante, la classica storia dell'uomo comune che si trova a fronteggiare situazioni straordinarie, la solita ma eccezionale linea narrativa principale della filmografia di questo grande regista, poiché anche questa sua ultima pellicola ci resta fedele. L'uomo comune è qui l'avvocato James Donovan (interpretato da un magistrale Tom Hanks), alla loro quarta collaborazione cinematografica (di due mostri sacri della Hollywood degli ultimi trent'anni che ogni volta sembrano capirsi al volo), chiamato in piena Guerra Fredda, prima a difendere in tribunale la spia russa Rudolf Abel (interpretato da un altrettanto superlativo Mark Rylance), e dopo a negoziare in suolo russo per il suo scambio e il rilascio di due giovani americani fatti prigionieri. Come molti sapranno la trama è conosciuta, ma il modo di raccontarla di Spielberg la rende sempre interessante. La vicenda descritta infatti è veramente accaduta ed è per il regista un'altra rigorosa pagina di Storia da raccontare, quella Storia che ha sempre prediletto inserire nel suo percorso artistico e che ha utilizzato per ribadire l'importanza dei buoni sentimenti, degli ideali più nobili e dei sani valori e principi, siano essi esistenziali e umanisti, oppure etici e morali. E Il ponte delle spie fa di questi ultimi concetti la sua ragion d'essere. Nella figura solida di un uomo integro moralmente, si riescono a conciliare i diritti del singolo con quelli dei governi. Ma si espongono anche gli amari rovesci della medaglia. E da questo punto di vista il film appare essere un'altra versione della sua precedente opera, Lincoln, nella quale si ragionava sulla politica come dura, incessante trattativa e compromesso soprattutto quando si piega all'affermazione di ideali giusti. La pellicola, scritta in ultima revisione anche dai fratelli Coen, è una delle migliori e delle più controllate del regista. Parla di spie e Guerra Fredda, ma non ha i meccanismi intricati di altri film di spionaggio (anzi tutto è messo in scena con coinvolgente semplicità e chiarezza, ma anche con tratti lirici e con tocchi di humor e sarcasmo cari ai Coen), parla di retorica ma sa evitare la stucchevolezza eccessiva del patriottismo, dell'enfasi e della propaganda filo-americana, descrive un periodo storico complesso ma è diretto ed efficace, dura 130 minuti ma appassiona e non annoia mai.

venerdì 14 ottobre 2016

Family Time (Labyrinthus, Max, Fungus, Albert e il diamante magico)

Dallo scorso mese di Settembre su Sky, come sempre più spesso fa, dato che ogni tanto alcuni cicli di film o saghe vengono riproposte più volte, è arrivato un nuovo appuntamento dedicato a tutta la famiglia: Family Time. Ora non che io sia molto appassionato di film del genere per ragazzi, anche se alcuni non sono malissimo, ma poiché ogni venerdì alle 21 (su Sky Cinema Family ovviamente) mandavano in prima visione titoli inediti di produzioni europee e film presentati al Festival del Cinema (soprattutto al Giffoni) ho deciso di seguirla, questa rassegna di film. Difatti molti di questi, visti lo scorso mese sono stati presentati al Giffoni Film Festival, una delle più importanti e conosciute manifestazioni del panorama internazionale del cinema per ragazzi, che da sempre da quando ero piccolo seguivo, perché nonostante questi film siano effettivamente abbastanza mediocri, sotto molti aspetti, alcuni di essi, negli anni, hanno regalato alcune fantasiose e divertenti ore di intrattenimento. A volte infatti qualche gioiellino è venuto fuori, l'anno scorso per esempio ne vidi due vincitori se non sbaglio, Antboy, il primo e il secondo, e come tanti precedentemente, di cui però non ricordo i nomi. Ebbene, ecco quindi le mie piccole recensioni, non è che ci sia tanto da parlare in effetti, d'altronde hanno tutti una base abbastanza banale, anche superficiale, per raccontare storie di amicizie e non, con l'unico scopo di intrattenere bambini e ragazzi, di certo non gli adulti, di farli riflettere e soprattutto farli divertire. Cominciando dal primo, Labyrinthus, che comunque non fa parte di questo ciclo di film, è stato mandato in onda ad agosto, ma poiché anch'esso è stato presentato, anzi, premiato al Giffoni Film Festival, mi è sembrato giusto metterlo in questo post. E poi paradossalmente è forse il migliore di tutti. Perché questa spettacolare avventura cibernetica ambientata fra vita reale e mondo virtuale, del 2014 di produzione belga e olandese, mi è piaciuta molto, per l'originalità e la particolarità.

giovedì 13 ottobre 2016

Predestination (2014) & Il luogo delle ombre (2013)

Continuano i film 'doppi', in questo caso per raggruppare alcuni 'simili', oggi vi parlerò di due thriller fantascientifici, il primo sci-fi temporale, il secondo sul paranormale. I viaggi nel tempo hanno costituito, soprattutto dagli anni '80, un presupposto stimolante e intelligente per sviluppare una serie di pellicole che, da Ritorno al futuro in avanti, sono divenuti un vero e proprio genere nel genere. Predestination, opera dei due fratelli registi Spierig, segue questo filone e ha una trama la cui vicenda ufficiale forse la dirò tra poco. La sua 'vera' storia tuttavia è un ingarbugliato via vai temporale che non può proprio essere raccontato, se non si vuole svelare il nodo cruciale della vicenda, bruciando lo stesso film e devastandone la visione. Diciamo che, mettiamo il caso sognate di poter viaggiare nel tempo, sognate il più grande paradosso temporale possibile e troverete questo film. Posso solo dire perciò che tutta la complessa (e pure molto macchinosa vicenda) si basa sull'enigma principe che affligge l'uomo allorquando egli si interroghi sulle incognite inerenti la nascita della vita sulla Terra: ovvero 'è nato prima l'uovo o la gallina?'. Comunque per chiarezza, questo  thriller fantascientifico del 2014, adattamento cinematografico del racconto Tutti voi zombie (...All You Zombies...) del 1959 di Robert A. Heinlein, parla di un viaggiatore del tempo che si sposta freneticamente da un anno all'altro per dare la caccia a un attentatore dinamitardo che sconvolge gli Stati Uniti. Il suo viaggiare però lo porta a incrociare persone e storie che lentamente dispiegano il loro significato, in un quadro surreale denso di incognite temporali che minerà le sue residue certezze sul significato da attribuire al tempo ed alla sua stessa identità. Come detto in precedenza Predestination è un film con una trama all'apparenza complessa, ma che grazie ad un'ottima regia riesce a farsi capire alla perfezione e ad apparire allo stesso tempo prevedibile ed improbabile, rischiando anzi di cadere nel banale, salvo poi stupirci poi effettivamente con tutta una serie di avvenimenti che è davvero pressoché impossibile indovinare dall'inizio, scoprendo nel finale altarini che per un'osservatore attento erano visibili fin da subito, ma che alla fine rendono rocambolesco ed eccessivamente convulso il via vai temporale.

mercoledì 12 ottobre 2016

2Cellos - Tutta un'altra musica

Più o meno tre settimane fa tramite Facebook ho visto un video, che ho condiviso nel mio profilo, un video così pazzesco che per un po' non sapevo cosa dire, per quanto bello e spettacolare fosse, perché quello che si vede è qualcosa di geniale e così assurdo allo stesso tempo che mi ha davvero elettrizzato, certo la canzone è già di per se fantastica, ma per il modo che in cui questi due ragazzi, i 2Cellos, la rifanno è incredibile. Infatti questo gruppo croato composto da Luka Šulić e Stjepan Hauser è un duo di violoncellisti. Sì esatto, quello strumento che abitualmente sentiamo nella musica classica, personalmente la più snobbata, proprio non mi va a genio. E i due forse proprio per questo (ovviamente non per questo, loro sono comunque due grandi musicisti) hanno deciso di arrangiare brani di musica contemporanea in chiave moderna, utilizzando solamente i loro due violoncelli per le esecuzioni. Un'idea di certo non originale al 100%, ricordo di un gruppo femminile che facevano lo stesso ma con dei violini, perciò niente di non già visto, però questi due, grazie anche alla loro giovane età mi hanno sorpreso. Perché i due non solo fanno la canzone (del gruppo rock forse più famoso al mondo) del video, ma ce ne sono tantissimi su youtube, dato che è da lì che nel 2011 pubblicarono il loro primo video musicale in cui eseguivano il brano di Michael Jackson Smooth Criminal diventando un vero e proprio fenomeno del web. Sempre nel 2011, il brano esce come singolo, seguito da un altro singolo Welcome to the Jungle, cover dei Guns N' Roses estratti dal loro primo album. Comunque prima di proseguire ecco il video, e poi ditemi se anche a voi vi fa l'effetto che ha fatto a me, stupore, meraviglia e incredulità, e anche se probabilmente l'avrete già visto ditemi cosa ne pensate. Sarei per esempio curioso di sapere cosa ne pensa l'amica rock Nella Crosiglia di questi due, se li conosce e se ha qualcosa da dire sull'uso frequente di canzoni famosissime, di artisti conosciutissimi, del panorama rock per lo scopo. Per me sono dei geni.

lunedì 10 ottobre 2016

Il segreto dei suoi occhi (2015)

Il segreto dei suoi occhi (Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 2010 per l'originale El secreto de sus ojos) si misura con il remake americano (del 2015) diretto dal regista Billy Ray e forte di un cast che schiera Nicole Kidman, Julia Roberts e Chiwetel Ejiofor. Un remake onesto e ben scritto, ma che perde però la poeticità della versione originale, cadendo nella freddezza. Avendo visto l'originale infatti è impossibile evitare l'effetto deja-vù e sottoporre il film in questione a inevitabili confronti, ma cercherò di limitarmi il più possibile. Questo remake è appunto un riadattamento, o meglio una americanizzazione, ma davvero molto intelligente. I punti caratteristici della versione argentina, come la questione politica, ma anche le ambientazioni, sono stati perfettamente contestualizzati, riuscendo ad aderire perfettamente al contesto in cui viene calato e a distaccarsi in maniera credibile dall'originale e di vivere autonomamente, qui difatti subentra l'11 settembre e la lotta al terrorismo. Ma nonostante ciò è privo della forza emotiva dell'originale, e anche se la sceneggiatura fila, è lineare, forse più accessibile dell'originale, qualcosa si perde e si tratta proprio del lato romantico, poetico e melanconico della pellicola di Juan José Campanella (il regista di quel capolavoro del 2009), qui in veste di produttore esecutivo, perché pensare di migliorare un film quasi perfetto è pura follia. Ma, quindi, da cosa nasce l'esigenza di realizzare proprio un remake de Il segreto dei suoi occhi? Evidentemente Billy Ray ha visto nella splendida opera di Campanella la possibilità concreta di sviluppare una storia che potesse ben rispecchiare il nostro oggi. L'incubo del terrorismo (islamico) senz'altro, ritornato per noi occidentali, negli ultimi anni prepotentemente e tristemente alla ribalta, prendendo al volo l'occasione per riflettere sulle aberrazioni/errori/decisioni critiche compiute dai governi alle prese con momenti di assoluta tensione. E il solido spunto per un discorso etico che pian piano sta venendo fuori, costituendo la sottotraccia di diverse, recenti produzioni cinematografiche made in USA, interessato a sondare il grado di moralità individuale, di responsabilità del singolo, quella sempre più rara ostinazione (che rischia di diventare ossessione) a non dimenticare, secondo i dettami della vigente cultura (occidentale) della rimozione. E, poi ancora, il senso di condivisione. Come, per esempio, alleggerire il pesante fardello di un segreto inconfessabile. Di un tormento perpetuo che forse, solo così, si concederà una tregua. Ma paradossalmente il film funziona e non mi è dispiaciuto vederlo poiché con la sceneggiatura del film fare peggio era possibile, fare meglio era impossibile ma non riesce comunque a raggiungere l'originale. In ogni caso si segue il dipanarsi degli eventi con assoluta partecipazione e con un pizzico di curiosità, concentrato soprattutto ad appurare le similitudini e le differenze tra i 2 copioni.

domenica 9 ottobre 2016

Bianconeri Juventus Story

Il binomio Cinema-Calcio non è stato quasi mai un binomio efficace o riuscito, perché per chi ha giocato o ne capisce di calcio, sa che riproporre un azione o una dinamica di gioco è praticamente impossibile, bisogna esseri dei fenomeni solo per riuscire 'meccanicamente' a rifare una certa azione, solo per giocare e sapere già il risultato di una determinata giocata. Da quando negli anni '80 uscì Fuga per la vittoria, che comunque rimane un gran bel film, questo fatto è risultato evidente. Negli anni tanti ci hanno provato e molti discretamente ci sono riusciti ad essere minimamente credibili (da Goal a Best, da Jimmy Grimble a Sognando Beckham, da Il mio amico Eric a Il maledetto United, l'unico e forse il migliore di tutti) ma senza riuscire a impressionare e convincere appieno, compreso l'ultimo Pelè: il film che ha molti ha deluso proprio in quell'aspetto. E' davvero così difficile, forse no, ma dipende dalla partita che si vuol giocare-rifare-filmare, forse però il prossimo film che faranno (è in fase di preparazione quello sul Leicester) riusciranno finalmente nell'impresa. Un impresa che ovviamente non può essere raggiunta tramite un docu-film (costruito con un sapiente mix di immagini esclusive, interviste ai nomi più illustri del calcio mondiale, video di repertorio e materiali inediti provenienti dagli archivi privati della società), come quella che hanno provato a fare Marco e Mauro La Villa sulla Juventus e sul legame con la famiglia Agnelli. Ma al di là di ciò, mettendo da parte quell'aspetto puramente sportivo e tecnicismi di cinema, l'idea di fare un film sulla leggendaria storia della squadra più vincente d'Italia e forse l'idea più grandiosa di sempre, soprattutto perché essendo io grande tifoso, questo è forse il momento che aspettavo, anche se della centenaria storia della Juve non è la prima volta che se ne parla, ma mai in un film. Ecco quindi il film Bianconeri Juventus Story, il film indipendente attraverso cui Marco e Mauro La Villa (due juventini nati, due fratelli gemelli registi e produttori di origini italiane che vivono a New York City) raccontano per la prima volta la storia ufficiale del club, che sarà al cinema da domani 10 ottobre al 12 di ottobre, tre giorni in cui il (numerosissimo) popolo Juventino potrà rivedere i suoi (tantissimi) campioni. Io purtroppo non riuscirò a vederlo al cinema, al contrario di mio fratello, che ha già prenotato il suo posto. Ma quando ne avrò l'occasione lo vedrò, perché il film, presentato quasi due anni fa dai registi in America, giunto adesso qui da noi (per aggiungere l'ultimo straordinario anno alla già interminabile storia), almeno personalmente è imperdibile. Come imperdibile sarà per chi ci andrà di riscoprire vecchi e nuovi calciatori, all'interno del film infatti sono presenti nomi illustri, con interviste a Gianluigi Buffon, Alessandro del Piero, Andrea Pirlo, Giorgio Chiellini, Leonardo Bonucci, Andrea Agnelli, John, Lapo e Ginevra Elkann. Il film in questione sarà poi narrato dal Candidato al Premio Oscar Giancarlo Giannini, e vede tra i produttori esecutivi David Franzoni, sceneggiatore del film Premio Oscar Il Gladiatore, oltre che la collaborazione speciale del Premio Oscar Ennio Morricone. Insomma qualcosa di bello e incredibile, non solo per chi è tifoso, ma anche per chi come sportivo vuole conoscere la storia di una delle squadre più famose al mondo, la Juventus, mitica e magica Juventus. Ma Bianconeri Juventus Story è anche un libro pubblicato da Rizzoli, che sarà disponibile in libreria dal 13 ottobre, dopo l'uscita del film nelle sale. Comunque se volete saperne qualcosa in più basta andare al sito della NexoDigital per sapere anche le sale disponibili. In ogni caso è inutile consigliarlo, chi ama la Juve, lo sa già, chi no può decidere in totale libertà di andare o meno, comunque per aiutarvi nella scelta, ecco il trailer (tuttavia su www.juvestory.it ne trovate altri). Buona visione, viva il Calcio e Forza Juve!

sabato 8 ottobre 2016

Unbroken (2014)

Unbroken è un potente, crudo e drammatico film del 2014 prodotto e diretto da Angelina Jolie, che racconta la vera, incredibile storia di Louis Zamperini (morto purtroppo durante la realizzazione del film), atleta olimpico, che durante la Seconda guerra mondiale divenne un eroe. Una storia epica di resistenza e coraggio, la trasposizione cinematografica del libro Sono ancora un uomo, scritto nel 2010 da Laura Hillenbrand. Il protagonista (interpretato dall'attore britannico già pluripremiato e nominato ai BAFTA Jack O'Connell) di origini italiane infatti, trova nell'atletica leggera il suo riscatto, ma mentre si prepara per le sue seconde Olimpiadi, lo scoppio della Seconda guerra mondiale lo costringe ad arruolarsi nell'aviazione. Nel 1942, durante una missione di recupero sull'Oceano Pacifico, il suo B-24 precipita rovinosamente, dimezzando il suo equipaggio. Sopravvissuto insieme a due commilitoni, Zamperini resiste in mare per quarantasette giorni, cibandosi di pesce crudo e schivando i colpi delle mitragliatrici aeree giapponesi. Ma saranno proprio i nemici a salvarlo, e verrà condotto in un campo di prigionia, dove diventa presto ostaggio del sadismo di Watanabe, un sergente perverso col vizio del bastone e dell'umiliazione. Dovranno passare ancora due lunghi anni prima che Zamperini, riacquisti la libertà, tornando in Patria e dai suoi cari. Unbroken, intenso e potente, non è perciò un film per tutti. Perché vedere questo film non è una passeggiata, non è piacevole e nemmeno facile da seguire, scena dopo scena. E' un film cattivo e sporco, a tratti perverso ed esagerato che vorresti interrompere a metà o meglio, vorresti prendere la pellicola e modificarla, rendendola più buona, forse buonista, più appetibile e mainstream, forse un po' romantica, dopotutto. La regista invece non imbocca la strada facile o quella che le assicurerà più soldi nel cachet, non vuole confezionare una storia fatta di cliché che il grande pubblico è abituato a seguire nelle sale. La sua storia è fatta di dolore, disperazione, umiliazione, solitudine, sangue e tanta violenza. Descritto cosi il film quindi farebbe proprio schifo, ma sotto lo strato superficiale si trova una storia grandiosa che emana speranza, tenacia, coraggio, forza di volontà e perseveranza da tutte le parti. E sotto lo strato di una storia fatta di disumana violenza, si rivela la vera essenza del film della Jolie, avere speranza, dimostrare coraggio e forza di volontà, non cedere e non mollare, costi quel che costi. Solo con questi elementi ci si può assicurare la dignità e sopravvivenza. Ecco perché Unbroken mi è piaciuto. Ecco perché lo reputo un film importante ed imponente. Non è solo una storia di miseria e dolore, ma una storia dalla risonanza epica di resistenza, riscatto, dignità, coraggio e fede. Unbroken è un film lungo, emotivamente claustrofobico e violento. Queste tre caratteristiche lo rendono difficile da guardare, ma è così che deve essere, poiché per una rara volta, siamo di fronte ad una storia vera che non è stata trasformata in una facile, seppur epica, americanata d'intrattenimento.

venerdì 7 ottobre 2016

[Games] Videogio-cati in estate (Jade Empire, Life is Strange Chrysalis, Deponia, Deus Ex: Human Revolution Director's Cut)

Dopo aver per mesi e mesi cercato di far crescere e migliorare il blog, e dopo aver già fatto un post di questo genere, quasi un anno fa, per i giochi giocati nella scorsa estate, qui, tra cui la trilogia di Bioshock che nel frattempo è tornata in auge dopo la ri-masterizzazione (a proposito uno dei videogiochi più cupi ma eccezionali mai giocati, Infinite poi è spettacolare), sono riuscito finalmente a tornare a giocare assiduamente, no che in questo anno non ho giocato, ma ho rallentato e giocato a titoli già nelle mie librerie online anche se già completati, come Borderlands 2, Dirt 3, Dead Island 1 e 2, Escape Dead Island, Metro Last Light, Dead Space 3, e tanti altri, ora durante quest'estate ho ricevuto, scaricato e comprato altri giochi a cui ovviamente ho giocato, ecco il perché di questo post. Come qualcuno saprà, o forse lo saprete adesso, per giocare e comprare i giochi non serve più andare al negozio, da parecchi anni esistono piattaforme online di varie compagnie, da Steam, quella più famosa, da Origin della Electronics Arts fino a Uplay della Ubisoft. Io ovviamente ho tutte e tre dove periodicamente acquisto (scaricando online e pagando ovviamente) i miei giochi preferiti, prevalentemente d'azione, di corse automobilistiche, avventura e gdr. Sono davvero tanti quelli che ho e quelli che vorrei avere, ma mi accontento di quello che riesco a comprare, soprattutto quando ci sono forti sconti, a tal proposito aspetto il Black Friday e il Natale con impazienza. Ma a volte i giochi, queste piattaforme, li regalano. Sì perché due dei 4 giochi che tra poco leggerete, sono, erano gratis tempo fa, ormai non più. Nel corso tempo sono stati anche parecchi gratuiti (oltre a quelli disponibili senza limite di tempo), anche se alcuni molti vecchi, degli ultimi a cui ho giocato c'erano (su Origin) Dragon Age Origins e Need for Speed Most Wanted (versione 2012 che ancora non ho cominciato), su Steam, Sniper Elite V2 (a proposito soprattutto su questa piattaforma ad alcuni giochi si può giocare per un periodo di tempo limitato, prevalentemente il weekend) e infine su Uplay da giugno (ogni mese) in occasione dei suoi 30 anni, ha messo a disposizione alcuni titoli gratuiti, da Prince of Persia: Le sabbie del tempo (che però già avevo), Splinter Cell (troppo vecchio e non di mio gradimento), Rayman Origins (a cui stò adesso giocando, ne parlerò in seguito) e per il mese di Settembre The Crew, eccezionale gioco sportivo di corse, che purtroppo ho riscattato ma non posso giocarci, la scheda video non sopporta, ma è mio e quando potrò cambiare pc ci potrò giocare. A proposito, se vorrete anche voi una copia gratuita del gioco, iscrivetevi (gratis) e scaricatelo, avete tempo fino al 11 ottobre, poi metteranno un altro, anzi tre fino a dicembre (quello di Ottobre sarà Beyond: Good & Evil). Ora che ho spiegato un po' di cose è tempo di scoprire i videgio-cati in estate per esprimere il mio giudizio personale e recensirli.

giovedì 6 ottobre 2016

L'A.S.S.O. nella manica (2015) & Fuck you, prof! (2013)

Le teen comedy sono uno dei generi cinematografici più attivi di sempre, ormai sono quarant'anni che imperversano il cinema come la televisione, e sembra che quasi tutti abbiano ormai uno stile definito. Infatti non so perché ma in America tutte le scuole sono uguali, stessi personaggi, stesse caratterizzazioni, ed è così diffuso questo stile che in tutto il mondo accade sempre la stessa storia, ma paradossalmente in questi due film che stò per recensire nonostante gli stessi dettami o particolari situazioni, si contraddistinguono per qualcosa di nuovo e frizzante, soprattutto nel secondo, film tedesco, perché il primo è Americano in tutto e per tutto. Infatti solo loro usano degli acronimi per dire qualcosa che altrimenti sarebbe di cattivo gusto dire, ovvero come nel caso di Bianca (interpretata dalla brillante Mae Whitman, molto attiva sia in televisione sia al cinema nonostante i suoi 28 anni), una comune adolescente acqua e sapone (una nerd, stavolta al femminile, che vorrebbe ri-vedere la Corazzata Potëmkin, sì proprio quella), amica di due ragazze molto popolari e invidiate in tutta la scuola (tra cui Skyler Samuels, la Grace di Scream Queens), che scopre un giorno qualsiasi (è il suo vicino di casa ed ex amico d'infanzia, Wesley, a rivelarglielo), di essere l'A.S.S.O. nella manica di loro due, ovvero l'amica più brutta che tutti usano per ottenere informazioni e conoscere le sue due amiche, in pratica la persona meno attraente, meno talentuosa e che funge solo come ruota di scorta. Distrutta dalla scoperta Bianca decide di uscire dalla propria condizione, e per rimediare chiederà in seguito aiuto a Wesley (interpretato in maniera credibile da Robbie Amell, cugino dell'attore Stephen Amell che interpreta Arrow, in cui ha pure partecipato oltreché in The Tomorrow People e alcuni film) per non essere più un "ASSO" (Amica Sfigata Strategicamente Oscena), ma una leader e una ragazza indipendente. Grazie ai suoi consigli vuole diventare adatta alla conquista del ragazzo che brama. Ci riuscirà ma non tutto filerà liscio. L'A.S.S.O. nella manica (The DUFF, acronimo di "Designated Ugly Fat Friend", ovvero "La brutta grassa amica designata") è un film del 2015 diretto da Ari Sandel, ed è basato sul romanzo Quanto ti ho odiato di Kody Keplinger. Il film come ovvio è la classica commedia americana che usa ingredienti ormai standardizzati, che segue gli stilemi delle commedie anni 80 da liceo, prendi una high school, mettici il bonazzo mascellone membro della squadra di football, la 'sfigata' secchiona un po' bruttina (ma neanche tanto) e aggiungici la bonazza oca incredibilmente stronza (Bella Thorne), condisci il tutto con un po' di goliardia pre/post puberale, romanticismo quanto basta con riscatto finale...e il gioco e fatto. Copione già visto milioni di volte, ma una volta tanto viene realizzato bene, senza puntare troppo sulla volgarità e su situazioni paradossali. Anzi, la sottile ironia con la quale vengono raccontate le fissazioni iper-tecnologiche dei moderni adolescenti è molto divertente. E anche se non passerà alla storia come baluardo della commedia moderna, questo film ha una sua originalità.

martedì 4 ottobre 2016

Chiarimenti, fatti e novità

E' passato più di un anno da quando decisi di aprire il blog, ora dopo tanto tempo e dopo aver spiegato la mia situazione (se non avete ancora letto forse è meglio farlo adesso, La mia verità) è doveroso chiarire su alcuni punti, non che qualcuno mi abbia chiesto di farlo, sia chiaro, è solo che molto probabilmente alcuni si staranno chiedendo tante cose su di me, dato che di me conoscete solo marginalmente la mia figura e il mio essere (anche se in qualche tag con domande multiple ho già detto qualcosa di me), un giovincello, timido e poco estroverso, che recensisce film e serie tv, che posta musica ogni tanto e ricorda i bei tempi andati. Non che sia un male, anzi, però mi preme sottolineare che nel mio blog non troverete mai post in cui faccio o mi succede qualche cosa, dove esamino la mia vita, dove commento alcuni fatti di stretta attualità (non mi piace sparlare o bisticciare, sono sempre stato calmo e non mi sono quasi mai arrabbiato per sciocchezze) oppure recensisco film visti al cinema, difatti al cinema non posso più andarci, e quindi tutti i film che vedo (a parte rari casi) me li vedo tramite Sky e Mediaset, ecco perché come ormai avrete capito sono film usciti l'anno precedente, le uniche in tempo giusto sono le serie. Io infatti ho una vita abbastanza monotona, possiamo così dire, ovvero non faccio praticamente niente e quindi non mi succede niente. Dalla mattina alla sera sempre lo stesso circolo ozioso, anche se non è per colpa mia, è così purtroppo, nonostante qualcosa di bello c'è ovviamente stato precedentemente. Qui non troverete mai aneddoti particolari, nessun viaggio, nessun pranzo fuori, nessun dolce cucinato, nessun problema al lavoro, mai lavorato (anche se ho sempre voluto), nessun problema d'amore, mai stato fidanzato, quello che ho è la mia passione per il cinema, la tv, la musica e i videogiochi, unici passatempi di cui ancora posso godere. Le uniche cose di cui mi è 'permesso' parlare oltre ai tantissimi miei ricordi di giovinezza, non lontanissima comunque, sono ancora giovane. Questo per chiarire con chi non mi conosce quasi per niente, perché per chi mi segue sono già state dette e ripetute, ma in questo caso per completezza vorrei che sapeste che io in ogni caso sono in pace con me stesso. Ho avuto un'infanzia fantastica, fino ad un certo punto, ho frequentato le scuole senza problemi, mi sono diplomato anche con ottimi voti, ho viaggiato in un lungo e largo, ho tanti amici (veri), ho una vita comunque intensa. Questo perché io non stò mai fermo un secondo, la pazienza con me non esiste, stò ore e ore al pc, a giocare, scrivere e cazzeggiare, ho sempre la televisione accesa, sia che la vedo o meno, il mio mysky è quasi impazzito per quante cose tolgo e metto, praticamente non ho un attimo di tregua e neanche la vorrei, solo quando guardo un film, perché altrimenti è facile deprimersi.

lunedì 3 ottobre 2016

Snoopy & Friends: Il film dei Peanuts (2015)

Dopo numerosi cortometraggi e i lungometraggi tratti dalla striscia a fumetti, è arrivato, poco più di un annetto fa, nelle sale cinematografiche il primo film in CGI: Snoopy & Friends: Il film dei Peanuts (The Peanuts Movie), voluto dal figlio del compianto Schulz, Craig, e dal nipote Bryan che ha scritto la sceneggiatura. Alla regia c'è Steve Martino, che ha già diretto L'era glaciale 4 e Ortone e il mondo dei Chi (entrambi della casa di produzione Blue Sky Studios, che ritorna qui per i Peantus). Questo film del 2015 è infatti basato, anzi adattato, più precisamente trasportato dai fumetti, da una striscia divenuta leggendaria, quella di Snoopy e Charlie Brown. Alzi la mano chi almeno per una volta nella vita non sia stato o sentito come Charlie Brown, il timido, impacciato ed adorabile Charlie Brown. Perché basta dire i nomi Charlie Brown e Snoopy che subito vediamo l'immagine del bambino timido, introverso, con l'inimitabile ciuffetto, e il suo fedele bracchetto, che abitano un mondo 'a misura di bambino' in cui i piccoli fanno da padrone, e gli adulti non sono mai mostrati e sono solamente voci che provengono dal fuori campo (fastidiosi suoni afoni), come originarialmente era stato concepito. Poiché anche in questa versione, la fracassona combriccola dei Peanuts, rimane fedele all'originale nei tratti dei vari personaggi. Ci sono proprio tutti, individualissimi e collegiali allo stesso tempo, ognuno con le proprie peculiarità. Anche se è doveroso fare una premessa, non sono un tuttologo delle strisce di Schulz anche se, per un motivo o per l'altro, centinaia sono capitate sotto i miei occhi sia quando ero ragazzino (negli anni novanta), sia oggi, quando le popolari vignette finiscono più volte anche sui social per rappresentare, in pochissime battute, svariati stati d'animo e quasi sempre all'insegna di un'intelligenza felice. Ritroviamo quindi tutti i personaggi, le situazioni e i luoghi che gli appassionati ricordano bene, lo sfortunato Charlie Brown col suo malessere esistenziale (che si innamora della ragazzina dai capelli rossi), le sedute psicanalitiche di Lucy, i siparietti di Snoopy e l'uccellino Woodstock (nel film il beagle è il protagonista di una sua storia battuta alla macchina da scrivere in cui si immagina di combattere contro il famoso aviatore, il Barone Rosso, per tentare di conquistare il cuore della cagnolina Fifi), l'albero mangia-aquiloni, Lucy insegue Schroeder, Schroeder e il suo pianoforte, Piperita Patti viaggia in simbiosi con Marcie, Pig-Pen nella sua polvere perenne, Linus e la sua inseparabile coperta, senza dimenticare il pattinaggio sul ghiaccio, l'hockey e le partite di baseball, anche se sono solo accennate. Parte così una visione vignettistica che trova un discreto compromesso tra la necessità di un aggiornamento grafico per affrontare la sfida del cinema, tanto più quello di oggi, e la ragione originale. A livello stilistico infatti questo film riesce a mantenere integro il mondo disegnato da Schulz, gli fa omaggio, rendendolo appetibile anche alle nuove generazioni e mantenendo il fascino che ha contraddistinto i personaggi e le loro avventure, senza snaturarli, pur utilizzando la computer grafica, e miscelando bene un 3D (anche se non potrei confutarlo) alla bidimensionalità caratterizzante le strisce a fumetti. Privo di artifici, abbastanza attento in uno sviluppo che predilige la semplicità, con i marchi caratteristici in (bella) evidenza ed uno spirito che non si trova nei cartoon odierni, almeno non in quelli con cui entra direttamente in competizione (ovvero i più popolari).

sabato 1 ottobre 2016

Gli altri film del mese (Settembre 2016) Parte 2

Dopo una corposa prima parte, ecco la seconda parte di tutti gli altri film visti a Settembre, soprattutto su Sky. Comunque ho introdotto una piccola novità, anche per questi film, oltre alla locandina, nella sua sezione ci sarà un foto del film, come mi capita spesso di mettere ormai quasi sempre ma mai in questo tipo di post. In ogni caso la prima pellicola della seconda parte, la prima la trovate qui, è un film, presentato in vari festival cinematografici, tra cui Festival di Berlino, Sundance Film Festival e Tribeca Film Festival, ma mai distribuito al cinema. In Italia infatti è stato trasmesso direttamente in televisione su Sky Cinema dal 5 agosto 2016. Il film in questione è Il volo del falco (Aloft), pellicola drammatica del 2014 scritta e diretta da Claudia Llosa, regista di origini peruviane. Ed è un toccante dramma che racconta la difficile storia di un figlio alla ricerca della madre, Nana (interpretata da una straordinaria Jennifer Connelly, una delle donne più belle al mondo), una donna in difficoltà, che vive in un luogo desolato, con due figli, di cui uno affetto da disabilità mentale, conseguente a una malattia debilitante. Parallelamente a questa storia, la regista ci trasporta nel presente dove assistiamo alla vita grigia e piuttosto infelice di Ivan (interpretato dal bravissimo Cillian Murphy) ormai sposato e padre di famiglia. Un giorno Ivan viene avvicinato da una giovane reporter francese (Ressemore, la stupenda Mélanie Laurent) che con la scusa di eseguire un documentario sui falchi (da lui allevati e ammaestrati, spunto di interessante e di bellezza sia visiva che umana, d'altronde il titolo è esplicativo) lo convincerà a intraprendere un viaggio all'estremo nord del paese per ricongiungersi con la madre che non vede da più di vent'anni e organizzare un incontro faccia a faccia tra i due che li farà riflettere sulle loro vite. Tra loro infatti c'è stata una frattura (che si accentuerà col passare del tempo), e nel dipanarsi della storia, tra un balzo nel passato e l'altro, si scoprirà che alla base di questa frattura ormai incolmabile tra Nana e Ivan c'è un incidente stradale causato dallo stesso figlio. Un incidente che costò la vita al fratello più piccolo e malato. Nana per questo si era rivolta disperata ad un rinomato guaritore, ma durante il percorso per raggiungerlo il falco di Ivan, Inti, provocò un incidente e venne abbattuto. In seguito spinta anche dal sedicente guaritore e convinta di possedere egli stessa doti guaritive, decise di abbandonarlo (senza troppi sensi di colpa o preoccupazioni a carico) poiché la convivenza tra loro divenuta sempre più tesa e conflittuale, segnata anche da bruschi dialoghi e accuse rivolte l'una all'altro, era ormai arrivata ad un punto di non ritorno.